http://www.imdb.com/title/tt0269743/ |
Nel
2000 Bong Joon-ho è un promettente regista appena trentenne: dopo un po'
di cortometraggi, dove cura personalmente ogni aspetto della creazione, fa il
grande salto, passando alla direzione di un lungometraggio chiamato Flandersui
gae (Il cane delle Fiandre). Chi ha un minimo di dimestichezza con
la letteratura inglese, avrà intuito che il titolo riprende il racconto omonimo
di Marie Louise Ramée (Ouida), opera famosissima in Oriente (tanto da aver
avuto due incarnazioni anime e una filmica), da cui riprende alcuni elementi
trattandoli però in chiave satirica: succede infatti che Bong prende questo
racconto e lo sviscera, prendendone in prestito alcuni elementi che posizionerà
poi sotto l'ottica di una commedia nera, aggiornandola chiaramente per un
pubblico moderno.
Yun-ju
è l'assistente disoccupato di un professore universitario, la cui salute
mentale è messa in discussione dall'abbaiare dei cani nel palazzo in cui abita.
Ne è ossessionato, non ne può più, per cui comincia a rapirli e cerca di sbarazzarsene. Hyeon-nam è invece la
segretaria di una tipografia: sogna l'avventura e così, quando viene a sapere
della scomparsa dei cani del quartiere, si mette sulle tracce del rapitore.
Il film
si rivela un successo di pubblico e nei festival: vincitore del premio per il
miglior montaggio allo SlamDance Festival 2001 e nella categoria giovani
registi all’HK film festival 2002, viene presentato in in giro per il mondo
sempre all'interno di diverse manifestazioni, ottenendo persino release
cinematografiche in Belgio, o in dvd negli States e in Canada. Barking Dogs
Never Bite (questo il titolo internazionale) diventa il trampolino di
lancio per la carriera di Bong Joon-ho, che tre anni dopo girerà l'acclamato Memories
of Murder (di cui tratteremo magari nei prossimi mesi).
Il
film, si diceva, è una satira sociale sotto forma di commedia dark, che ha come
tema principale il rapporto tra uomini e cani, metafora delle difficoltà nei
rapporti interpersonali tra gli stessi uomini e tra questi e i quartieri in cui
vivono - periferie remote e desolate come città fantasma. Il condominio che fa
da sfondo alla vicenda è infatti un contenitore di una situazione sociale
carica e fuori controllo, costellato di personalità dall'incredibile egoismo e
dall'animosità nei confronti dei più deboli (si veda il rapporto tra Yun-ju e
sua moglie). Sarebbe tutto finito, se non ci fosse la variabile, Hyeon-nam,
l'unica a non accettare l'influsso di apatia e cattiveria, perdendo addirittura
il posto di lavoro a causa del suo buon cuore.
A fare
da contorno ai due protagonisti, una straordinaria galleria di personaggi
squisitamente sopra le righe come il custode che ama cucinare stufato di cane,
o il barbone che preferisce fare spiedini di cane, o ancora, una commessa
grassoccia, pigra e cattivissima; personalità nevrotiche, paradossali, unite
tra loro dall'amore/odio verso i cani, per lo più bestie antipatiche ma allo
stesso tempo vittime sacrificali, rappresentazione della debolezza di una
fascia sociale che non può fare a meno di prendersela con i più deboli a causa
dei loro fallimenti.
Grazie
ad una piacevole ironia e ad una regia compatta, Bong Joon-ho, che ha anche
co-scritto il film, rende al meglio questa commedia non prendendosi troppo sul
serio, regalando un ottimo intreccio di storie con conseguente mescolanza di
situazioni sopra le righe, creando una mix di emozioni contrastanti nello
spettatore che non potrà identificarsi coi protagonisti, resi credibili perché
semplicemente descritti con tutte le loro nevrosi, i loro difetti, le loro
paure, e non giudicati dall'occhio del regista.
Da
sottolineare le performance dei due attori protagonisti: Doo-na Bae (Sympathy
for Mr. Vengeance, prossimamente in Cloud Atlas), all’epoca attrice
semi-esordiente, ma ciò nonostante si cala egregiamente nel ruolo, risultando
molto credibile; dal canto suo, Sung-jae Lee (Kick the Moon,
Song of Dreams) esprime perfettamente le azioni eccessive e nevrotiche del
suo personaggio, a cui da modo di apparire sempre più simile ad un cane in
cerca di attenzione che abbaia.
Barking
Dogs chiaramente non è una pellicola perfetta:
acerba nella gestione del ritmo (forse troppo pacato) e tempi (eccessivamente
lunghetto, dove alcuni momenti potevano essere accelerati o anche eliminati),
non possiede dialoghi interessanti, ma resta comunque ben modellata da un
sapiente uso di commedia mista a dramma e viceversa, un'ottima capacità
registica e una brillante colonna sonora jazz.
(Articolo originariamente apparso su Mangaijin #2)
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