22/01/13

FRINGE

Dopo circa quattro anni, 100 episodi e un bordello di ore passate insieme, la nostra relazione giunge al termine.
Non sarebbe una missiva significativa se non prendessi il tutto alla larga, dall'inizio: era il 2010, e venivo a conoscenza della tua esistenza tramite i pessimi spot di Italia 1 che focalizzavano tutta l'attenzione su Pacey Witter alias Joshua Jackson alias Peter Bishop, quasi come se il ragazzo di Dawson's Creek fosse arrivato a Boston per fare da consulente all'FBI. Ebbene, non mi interessavi neanche un po', ma dopo lo spassionato consiglio di due cari amici, ho deciso di recuperarti.
In poco tempo mi sono sparato la tua prima stagione ed ho pensato quanto fosse cazzuta per la sua capacità di coniugare efficacemente dei personaggi davvero ben delineati ad un contesto sci-fi credibile e ben organizzato, con l'unico difetto di essere un po' troppo lungo e pieno di filleroni.
Con la speranza di vedere qualcosa di altrettanto ben fatto, mi sono quindi approcciato alla seconda stagione (all'epoca, ero quasi in diretta). La potrei definire deflagrante: tutto ciò che avevi presentato nella stagione precedente lo avevi portato al livello successivo, ergo più misteri, più azione, più fantascienza, e soprattutto più emozioni nei rapporti tra i vari personaggi, senza scadere nel banale (per ingraziarsi una buona fetta di pubblico). L'apice di tutto questo lo hai raggiunto con l'episodio 18, White Tulip: il caso dell'uomo che saltava nel tempo attivando un loop temporale era sicuramente impressionante dal punto di vista della spettacolarità (ricordo quanto mi gasai, anche per la scelta del protagonista dell'episodio), ma era soprattutto il pretesto per mostrare il conflitto interiore che divorava il personaggio di Walter Bishop (John Noble, vero protagonista della serie, fanculo Olivia e fanculo Peter), riguardo le azioni legate al rapimento di suo figlio per mano sua (!). Il confronto tra lo scienziato e l'uomo che saltava nel tempo, nel corso dell'episodio, segnava una disamina sull'amore, sulla sofferenza, sul perdono, sul destino (su talmente tanti temi che faccio prima a consigliarvi di vedere la puntata in questione), senza però scadere nelle facili emozioni. Un episodio che era un po' la summa tematica della serie.
Tulipano bianco.

Ebbene, alla fine di questa significativa seconda stagione ero carico di soddisfazione. Era l'apice della nostra relazione.

Ma non tutto dura all'infinito.
Nel 2011, il fattaccio: dopo un avvio lento e poco convinto della terza stagione, apprendo che c'è qualcosa che non va.
Mi tradisci: stai ingraziandoti il pubblico facendo la facilona, sgualdrina che non sei altro. Il rapporto tra Peter e Olivia si intensifica troppo, diventa una love story con contorno di fantascienza, per altro nemmeno avvincente, e i personaggi perdono parecchio carisma, cristallizzandosi in un momento di mediocrità. Mi sento male: questa non è la serie che amavo! E lo stesso si ripete l'anno seguente, dove provi a recuperare il nostro rapporto con un inizio di quarta stagione ben avviato, ma non straordinario.
E' solo una parentesi. Tutti i difetti venuti alla luce anni prima continuano a manifestarsi: mi disaffeziono sempre di più a quei personaggi un tempo amati, diventa tutto più intricato, vecchi quesiti vengono risolti, ma allo stesso tempo vengono generate nuove, perverse domande che hanno come scopo ultimo quello di aprire voragini narrative imbarazzanti, fino ad arrivare al finale da stordimento: si tirano quasi tutti i fili delle questioni rimaste in sospeso ad una velocità estrema, figlia di problemi legati agli ascolti.

E' dunque la conclusione del nostro rapporto? Con un ultimo colpo di coda, sfoderi la quinta stagione, più breve, quasi uno spin-off, ambientato in un futuro distopico, dove degli invasori provenienti dal futuro hanno soggiogato l'umanità (o il nord America, ancora non mi è chiaro). Nel corso delle puntate non nego di essermi divertito e anche ri-affezionato ai tuoi personaggi (anche se ancora un po' ebeti), alla tua storia (pur considerando un ritmo alla cazzo di cane)... a te, insomma. Ma c'era qualcosa che non andava, un particolare fastidioso.
Alla luce del finale, ho capito: è pur sempre una minestra riscaldata. Scegli di spararmi in faccia un carico di emotività pescata dalle prime serie, e soprattutto, il rapporto padre-figlio dei Bishop. E fino ad un certo punto funziona bene. Se non fosse che è tutto lasciato alla cazzo di cane: oltre al finale, è una serie di un contradditorio allucinante, con linee temporali che si accavallano tra loro generando sempre più buchi neri (altro che buchi narrativi), soluzioni narrative prive di un qualsivoglia obiettivo, ma soprattutto un qualcosa che mi stimola a mandarti a fanculo, legato alla conclusione.

[Seguono SPOILER]

Tutto quello che ho visto è come se non fosse mai accaduto, vero? Niente più osservatori, niente più Walternativo che si fa distrarre da Settembre, niente più rapimento di Peter da parte di Walter, ergo niente più Fringe.
No.

Mi hai preso per il culo. E io non ci sto.

Addio Fringe, grazie per gli anni divertenti passati insieme, ma non mi mancherai per niente.

Nessun commento:

Posta un commento