31/01/13

DJANGO UNCHAINED

http://www.imdb.com/title/tt1853728/
L'attesa è stata devastante, a causa di una campagna pubblicitaria martellante e della classica, incondizionata fiducia verso il Quentin, come sempre certi di trovarsi davanti all'ennesimo filmone del regista di Knoxville. A metà gennaio è finalmente arrivato il momento di Django Unchained.

Lo stravagante dottor King Schulz (Cristoph Waltz), ex-dentista ora cacciatore di taglie, libera lo schiavo negro [cit.] noto come Django (Jamie Foxx) per un favore: rintracciare e riconoscere i suoi ex padroni, in modo da poterli uccidere e riscuoterne la taglia. I due avranno inoltre modo di stringere un'alleanza per salvare la moglie di Django, Brumhilda (Kerry Washington), ora schiava a Candyland, piantagione del Mississipi, proprietà del francofilo schiavista Calvin Candie (Leonardo Di Caprio).

Dimenticatevi dei suoi vecchi film: con Django, Quentin Tarantino porta l'asticella ad un livello molto alto.
Django è un capolavoro.
Ma che dico. Django è il capolavoro: centosessantacinque minuti di puro cinema senza sbavature: un film divertente, sorprendente, composto da dialoghi esilaranti e personaggi cool e sopra le righe. QT ti fa assaporare ogni scena del suo mondo fatto di amore, vendetta, violenza, e, proprio come aveva fatto con Inglorious Basterds, dimostra la sua capacità di sperimentazione riscrivendo addirittura la storia (vedi i tanti anacronismi, bla bla).
Se per voi non è così, bè... significa che partite prevenuti, che odiate QT per la fama che è riuscito a crearsi. Non ammettere l'elevatezza artistica di questo capolavoro è un delitto.

Scusate, non ho saputo resistere.
Non sapevo come iniziare il discorso, così ho deciso di aprire con un sunto delle tante recensioni positive lette in giro per il web. Recensioni che vorrei poter condividere, ma che ahimè, non posso fare.
Attenzione, prima che mi saltiate alla gola, non dirò che si tratta di un brutto film, anzi, è un buonissimo film, piuttosto divertente. Ma manca di qualcosa.

Durante la prima parte ti prende abbastanza, fai la conoscenza di Schultz (un grandissimo Waltz) e Django (un timido Foxx) nel Texas di metà '800, assisti ad alcuni momenti sulla carta esilaranti, ma non vedi lo stesso Tarantino. Dici, partirà con calma.
Si arriva a Candyland, teatro della seconda parte: entra in scena monsieur Calvin Candie (DiCaprio, lo attendevi parecchio in questo ruolo meno convenzionale), supportato dall'odioso Stephen (Samuel L. Jackson, e non c'è bisogno di dire quanto sia fantastico quest'attore). C'è tanto, tantissimo dialogo, ma è quel dialogo che non ti aspetti da QT: ridondante, non ha quella brillantezza che gli è propria. Risultato: questo blocco centrale scorre mooooltooooooo leeeeeeentaaaaaaaaaameeeeenteeeeeeeeee.
[Nota: Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che sia un problema di montaggio, non curato dall'editor Sally Menke, scomparsa nel 2010. Mah. A parer mio, il problema è un altro, e lo vediamo a breve]
Terza parte: lo scoppiettante finale, fatto di vendetta, sparatorie e sangue a fiotti.

Si diceva della lentezza. Ci sono diversi problemi di ritmo qua e là, imputabili non tanto al montaggio, secondo me, quanto più alla sceneggiatura: chi conosce QT sà che le storie da lui scritte sono sempre temporalmente costruite come dei puzzle, lasciando allo spettatore il compito di ricostruirle nella sua testa. Uno stratagemma per tenere l'attenzione dello spettatore alta, e soprattutto un modo per dare un solido background ai personaggi, anche se non necessario (esempio 1, esempio 2). Bene, in Django Tarantino cambia, offrendoci una trama lineare, di per sè non un difetto, se non fosse che affida tutto ai dialoghi, che come scritto sopra, non sono così brillanti come uno sperava. Di conseguenza, i personaggi divengono dimenticabili, poco caratterizzati, vuoti strumenti per la verbosità illimitata di QT.
Ultima cosa, poi smetto di parlarne male, la scena dei sacchi, o quella da molti soprannominata scena del Ku Klux Klan (che poi non è), esageratamente lunga, più che dissacrante diventa parodistica.
E insomma, mi è sembrato veramente un Tarantino tirato via.
Un incidente di percorso, nulla di grave, da lui ci si aspetta sempre tantissimo.

Due cose, due, per concludere.
Capitolo citazioni: il tanto sbandierato cameo di Franco Nero, quando chiede il nome e lo spelling a Django, è tremendo.
Il tema di Trinità sul finale mi è pure piaciuto, va che ti dico, se non fosse guastato dall'insulsa danza a cavallo.


P.S. Tarantino è per me un regista quasi leggendario: autore completo, ha portato con sè un cinema fatto di elementi quali i dialoghi logorroici, le storie a tinte forti, le narrazioni ad incastro, la cultura pop e i personaggi tosti ed eccessivi. Uno stile così o lo si ama o lo si odia. E io lo amo con tutto me stesso.

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