02/01/13

THE RAID: REDEMPTION

http://www.imdb.com/title/tt1899353/


Rama è una recluta della SWAT indonesiana alla sua prima missione: irrompere in un fatiscente palazzo a Giacarta, casa di un potente e temuto boss della droga. Un compito all'apparenza semplice, se non fosse per gli inquilini dell'edificio, gente in difficoltà a cui è stata data casa in cambio di fedeltà e protezione. Ecco quindi che per i venti agenti non sarà più uno scherzo addentrarsi nel palazzo e arrivare all'ultimo piano.

The Raid è un film a cui mi sono avvicinato con un bel po' timore: il più delle volte sul web si genera un certo clamore per delle pellicole che non arrivano in Italia o, ancora meglio, che non escono dal loro territorio, ed essendoci caduto diverse volte (l'ultima con il brutto Kill List), con The Raid ci sono andato schifosamente cauto - non azzerando le aspettative, che se lo facessi vedrei un film dimmerda come un capolavoro. Quindi: fatto passare un po' di tempo, lontano da tutti quei clamori, mi sono sparato la pellicola.

Ma facciamo prima un passo indietro. Introduciamo.
2009: il regista gallese Gareth Evans si trova in Indonesia per documentarsi (e documentare) sull'arte marziale Silat. Grazie a questa ricerca, conosce il giovine Iko Uwais, che fin dalla tenera età di 10 anni assimilava concetti e mosse di questa letale arte marziale. I due realizzano Merantau (Merantau Warrior per il mercato occidentale), film che fa il botto e porta alla ribalta regista e attore per diversi meriti, tra cui una storia che non viene sacrificata in favore delle botte. A questo punto, la coppia vuole realizzare qualcosa di più grande, che come avrete intuito, si tratta proprio di The Raid.
Da qui che riprendiamo il discorso.
Probabilmente il modo migliore per descrivere questo film è “Un minuto di romanticismo, 100 minuti di carneficina non-stop” (grazie, poster australiano): il film parte con Uwais/Rama intento a prepararsi per l'incursione, mentre la moglie incinta gli fa sapere quanto lo ama. Un saluto alla sposa ed eccolo in strada, raccolto dai suoi colleghi che studiano il piano della giornata. Arrivati a destinazione tutti gli schemi saltano, ed ecco che di fronte alla macchina da presa entrano armi da fuoco che vomitano piombo incessantemente, machete che lacerano carni e legnate inferte senza remore.

Nel terzo atto del film, Rama e un altro personaggio sfidano Mad Dog (Yayan Ruhian), dando vita ad uno dei più clamorosi scontri di arti marziali degli ultimi anni, dove non si risparmiano colpi bassi, colpi alle spalle, colpi alla testa, colpi su ogni dove, dati come se non ci fosse un domani. E' forse questo l'apice del film, dove tutta la violenza, tutta la brutalità raggiungono la loro summa.
Un'azione satura di un'energia veramente esplosiva.

Capitolo regia: per essere un quasi esordiente, Evans dirige con mano ferma e sicura, donando alla pellicola  un bel ritmo iperdinamico, dando il giusto spazio alle ottime coreografie a cura di Uwais e Ruhian. Quindi ecco, si tratta di un film dalla realizzazione tecnica davvero sorprendente, specie se pensiamo al budget che raggiunge a malapena il milione di dollari.

Altro elemento per il successo, la credibilità: l'ottima immedesimazione degli attori nel ruolo degli agenti SWAT, dove finalmente vediamo gente credibile e non attori che fanno movimenti e gesti da babbei, per dirne una. Le coreografie per l'assoluta spettacolarità degli scontri, per dirne un'altra. Per gli amanti della sanguinario, poi, tra mutilazioni, decapitazioni, sbudellamenti c'è da essere ben contenti. Non si arriva allo splatter, attenzione, non scorrono fiumi esagerati di sangue, ma la violenza è alta e verosimile.

Si diceva come il film non fosse solamente botte, ma anche storia e personaggi, che altrimenti se fosse un mena mena dall'inizio alla fine, anche il fan più sfegatato del genere ne avrebbe a noia. Così, in mezzo agli scontri, vengono inserite brevi scene più statiche, dove si privilegia la tensione e qualche linea di dialogo, in modo da farci conoscere i personaggi e capire perché si trovano lì. Non si grida al capolavoro di caratterizzazione, ci troviamo pur sempre davanti a degli stereotipi, cazzuti, ma sempre stereotipi.

Negli States hanno fiutato l'odore di opportunità, ed ecco quindi che oltre all'opzione per il remake, hanno preso il film, l'hanno rinominato in The Raid: Redemption e hanno chiamato Mike Shinoda dei Linkin Park per dargli una nuova colonna sonora dal sapore elettronico che comunque ben si adatta alla visione (questa versione americana è la più facile da recuperare, l'originale credo sia introvabile fuori dalla terra natia).

Per concludere, c'è chi paragona il film di Evans all'ultimo film di Bruce Lee, l'incompiuto Game of Death: nulla di più lontano. Lee interpretava la scalata nella pagoda come un qualcosa di metafisico/spirituale, e The Raid non è questo: è un film di genere che mette in scena un tipo di azione, che si rivela un bellissimo incrocio tra Oriente ed Occidente e che ridefinisce lo standard per i nuovi film action.

(Recensione originariamente apparsa su Mangaijin #1)

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